La programmazione sociale

Sintesi ragionata del processo di Programmazione sociale.

L’attività di programmazione e progettazione nel settore socio-assistenziale si traduce nell’individuazione di priorità e obiettivi da raggiungere considerate le specifiche esigenze della popolazione residente nel territorio di riferimento.

La legge quadro 328/2000 ha introdotto un concetto di programmazione partecipata. L’articolo 3 comma 2b delle legge, infatti, stabilisce che al processo programmatorio partecipino i vari livelli istituzionali, Stato, Regioni, Comuni, il terzo settore e le ASL.
La legge ha inoltre stabilito che la programmazione debba essere integrata e coordinata con gli interventi sanitari, dell’istruzione e con le politiche di formazione e di reinserimento al lavoro  (art. 3 comma 2a).

Le legge quadro nazionale ha determinato un obbligo per il governo di emanare un Piano Nazionale degli Interventi e dei Servizi Sociali triennale (art. 18 comma 1 -2) e per le Regioni di adottare un Piano Regionale degli Interventi e Servizi Sociali ( art. 18 comma 6 ).

La riforma costituzionale 3/2001 è però intervenuta determinando una nuova ripartizione di competenze. L’assistenza sociale diviene, per esclusione, materia di competenza regionale, mentre allo Stato viene attribuita competenza legislativa nella sola determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (art. 117 comma 2-m Cost.). La riforma costituzionale ha pertanto privato di valore la legge 328/2000 affidando a ogni Regione il potere di decidere in autonomia il proprio piano regionale relativo all’assistenza con l’obbligo di rispettare solamente i LEPS definiti a livello statale.
L’aver definito l’assistenza sociale competenza delle Regioni determinerà nuovamente delle differenze regionali nel sistema dei servizi sociali, così come era già avvenuto in passato.
La modifica al titolo v della Costituzione ha reso pertanto indispensabile la determinazione da parte del governo dei LEPS, al fine di garantire l’uguaglianza dei cittadini. Ad oggi però manca un atto statale che definisca i Leps. Le Regioni, conseguentemente a questa mancanza da parte del livello di governo centrale, si stanno attivando per garantirli in modo uniforme quantomeno a livello regionale.

In accordo con  il principio di sussidiarietà verticale secondo il quale le funzioni amministrative devono essere svolte dall’ente più vicino ai cittadini, la programmazione a livello locale è effettuata dagli enti locali congiuntamente a tutti i soggetti interessati a questo processo e attraverso lo strumento del piano di zona. Quest’ultimo, introdotto dalla legge 328/2000 è attualmente disciplinato dalla legge regionale in cui si trova il comune di riferimento. Per approfondimenti sul piano di zona vedi Il Piano di zona.

L’assistente sociale è chiamato a partecipare al processo di programmazione da:

  • la legge 328/2001:“Formano oggetto dell’attività professionale degli iscritti nella sezione B […] compiti di gestione, di collaborazione all’organizzazione e alla programmazione; […]”
  • Codice deontologico dell’assistente sociale art. 36: “L´assistente sociale deve contribuire alla promozione, allo sviluppo e al sostegno di politiche sociali integrate”.

Per fare programmi e progetti che possano soddisfare le esigenze dei cittadini è infatti necessario conoscere sia i bisogni emergenti che le risorse sul territorio,nonché leggere i cambiamenti nella società e lavorare in rete con i diversi soggetti coinvolti: conoscenze e competenze che sostanziano il lavoro del professionista assistente sociale.

Riferimenti bibliografici e approfondimenti:

  • Nuovo dizionario di Servizio Sociale, Campanini;
  • Il diritto amministrativo dei servizi sociali, F. Gaboardi;
  • Servizi socioassistenziali. Sistema integrato di interventi e servizi sociali, R. Maggian.
  • L’assistente sociale, ed. Simone;
  • Le responsabilità professionali dell’assistente sociale, Filippini, Bianchi

Buono studio!

 

 

 

 

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